413 cole, il disegno di Bonaparte avea avuto in parte il suo effetto, Verona per le nuove disposizioni a cui era stato costretto Alvinzi era assicurata, la congiunzione di questo con Davidovich trovavasi per lo meno ritardata. Spuntava appena il dì 16 novembre, e le divisioni francesi passavano sulla riva sinistra dell’Adige, nel medesimo ordine che il giorno antecedente. Respinsero da prima il nemico, ma arrivati al ponte d’Arcole, trovavano la medesima difficoltà, anzi viepiù accresciuta pel maggior numero degl’ imperiali comandanti dallo stesso Alvinzi. Tentava Bonaparte, con gettare fascine nell’ alveo dell’ Al-pone verso la sua foce, di poter passare da quella parte, ma impedivalo la corrente; tentava il generai Vial di passare a guado coll’acqua fino alla gola, ma giunto non ancora alla metà del rivo, era costretto dalla fittissima tempesta di scaglia, che gli lanciavano addosso gli Austriaci, a dare addietro. Correva Alvinzi per cacciare i Francesi nell’Adige, od almeno obbligarli a ripassare velocemente il ponte di Ronco, ma alcune artiglierie piantate da Bonaparte in luogo opportuno rendevano vano il suo pensiero. Così calava la seconda notte che faceva sosta al sangue ed alle morti. Tornavano gl’ imperiali negli alloggiamenti di s. Bonifacio e di Arcole, i repubblicani si ritirarono sulla destra dell’Adige, lasciato, come la notte anteriore, un buon presidio a guardare il ponte di Ronco. Era una battaglia da giganti: Bonaparte persuaso in fine della inutilità dei tentativi di riprendere il ponte di Arcole di fronte, fece lavorare tutta la notte alla costruzione di un ponte alla foce dell’Alpone. Passavano non senza gravi difficoltà i Repubblicani, e feroce mischia si accendeva ; i Tedeschi assaliti da pili lati contemporaneamente indietreggiavano; Massena, Augereau potevano dirsi veramente fulmini di guerra ; il tanto combattuto Arcole venne