305 gere lo scritto. Non era giunto ancora alla metà, che gettandolo sul tavolino, disse non meritare risposta un foglio, che parlava di risarcimento di piccoli danni recati da’ sol-, dati francesi nella breve loro stazione in Crema e Brescia; ben aver egli piuttosto due forti motivi di lagnanza contro la Repubblica, per cui avrebbe a trattarla come nemica, cioè di aver dato ricetto ai conte di Lilla, poi, e principalmente, di aver accordato ai suoi nemici la fortezza di Peschiera, col solo oggetto di opprimere la sua armata, ma che questa si vendicherebbe esemplarmente ; minacciò di venir a Verona ed incendiaria, poi ridursi a Venezia ; dovesse intanto presentarsi lo stesso prò veditore a giustificarsi, e quella sera stessa. Partì il Giusti, trattenuto anche alquanto nel viaggio dal comandante della divisione in Villafranca, che non volea lasciario proseguire. 11 Foscarini, all’ udire la domanda di Bonaparte, n’ ebbe non poco sgomento (1), e scrisse tosto a Venezia rappresentando la sua dura condizione, e i timori che questa gl’ inspirava ; poi insieme col segretario Sanfermo si diresse a Peschiera, ove allora trovavasi Bonaparte. Era il 1 di giugno ed egli dava rapporto della sua conferenza nei seguenti termini (2) : c Ho adempito al dovere di cittadino. Io sono stato a Peschiera, già in mano de’ Francesi, traversando una nu- (1) Le parole di cui il Foscarini si serve nell’ avvisare la sua gita al Senato, chiudendo : Dio voglia benedire i miei voti, il mio olocausto per il bene della patria, non vanno prese, come fece taluno, nello stretto senso inducendone la pusillanimità del Foscarini. Se ne valse più tardi anche il Pesaro in una medesima missione allo stesso Bonaparte. « Altro conforto, ei dice, non resta al mio’animo abbattuto e agitatissimo, se non di far conoscere che non vi è olocausto per un buon cit tadino, il'quale non debba non solo al ' vero interesse, ma pure alla vera obbedienza della sua patria». Delib. milit. T. F. 81 maggio. (2) Raccolta, pag. 96. Vol. IX. 39