309 ne all’ Adige, dalle bocche del Timavo all’ emissario di Lecco (1). Belle parole invero, ma non fondate sull’ esatta considerazione della diversità che correva tra le condizioni del Capponi e dei Fiorentini, e quelle dei Veneziani. Il primo, nella propria città, circondato da un popolo che fremeva della perduta libertà, che avea armi e forze contro un nemico non numeroso, entro alle mirra, ove ogni finestra po-tea divenire una feritoia, ogni sommità d’ edifizio una torre, ogni via un asserragliato terreno, che i Francesi avrebbero dovuto conquistare, a grande fatica e strage ; Foscarini invece solo, in mano ad un feroce soldato, che ad ogni sua ripulsa od ardita parola avrebbelo fatto per lo meno ritenere ; un’ oste vittoriosa che avea sbaragliato potenti e-serciti, e che sarebbe in un lampo entrata nelle città non difese, nè preparate, le quali invano avrebbero potuto sperare salvezza da una insurrezione in massa, mentre a predisporla aveano mancato tutti gli elementi : eccitamenti, capi, armi. La resistenza di Verona avrebbe senza dubbio deciso della pronta perdita di tutta la Terraferma, forse nell’ impeto della vittoria, di Venezia stessa. Ben doveansi aver munite le città, apparecchiato 1’ esercito, chiamata o almeno concertata la leva in massa al primo avanzarsi dei Francesi nella Lombardia, e in mezzo alle sincere proteste di neutralità far intendere altresì formalmente, altamente, che la Repubblica avrebbela fatta al-1’ uopo rispettare da chiunque. Ma ora era troppo tardi ; Austriaci e Francesi ne disponevano a piacere ; continuò ancora a sussistere, ma per vedere il suo territorio corso, guasto, desolato, i suoi abitanti oppressi dalle tolte militari ; commercii, industria, agricoltura impediti ; assaporare, come suol dirsi, a lenti sorsi la morte. (1) Botta Storia d’Italia, libro VII.