98 senza ohe quasi ce ne accorgessimo. Nè ci rimase in presente, fuorché una languida, inutile rimembranza, intanto che abbiamo perduto la coltura ed il possesso di quel mare, che ben si vede con quanta c;ura conservavasi da’ nostri maggiori nella celebre solennità del giorno del-1’ Ascensione. Il fatto è, che li Veneziani, i quali primi insegnarono agli esteri la protezione del suddito e la distinzione nelle tariffe tra il nazionale ed il forastiero, e li stabilimenti e le case nazionali in tante regioni d’Europa, hanno poi dovuto vedere gli esteri stessi ad approfittarne a segno che le tariffe inglesi e francesi e quelle dei principi del Nord in ora non sono che copie delle antiche venete massime. Tutti hanno appreso dai Veneti e dai Genovesi che un bene inteso e regolato commercio, anche fra i recinti di una sola città, fra le angustie di sterili ed infelici regioni, in provincie le più lontane e disabitate, nell’ isole le più rimote, potea far nascere 1’ agricoltura, accrescere la popolazione, introdur le scienze e le arti, coltivar la pesca, estendere la navigazione, dominar i mari, piantar colonie, dilatar le conquiste, e portar in somma una nazione a' più alto grado di ricchezza, di felicità, di possanza. Infatti il commercio or si riguarda generalmente con tanto impegno e con tal gelosia, che per migliorarlo ed estenderlo, e per conservarlo tutte impiegano i principi le applicazioni ed i studii, e perfino fan uso dell’ armi, quando de’grandi oggetti il richiedano, e le circostanze il permettano. Malgrado di tutto questo, devo dir però con dolore, ma con verità, che gl’ importantissimi oggetti i quali consigliano a coltivare il commercio, qui poco si cono-