180 paese ricco di prodotti naturali, tra cui il lino, ma più ancora di quelli dell’ industria, avendo quarantatre filatoi, dieci cartiere, mille dugentoventotto molini, cento-settantotto macine da olio, diciotto forni da ferro, vénti-tré fucine da canne da schioppo, duecentosessant’ otto di altre manifatture di ferro, quattro di rame, nove seghe da legname, quarantasei fabbriche per feltrare i panni, sessantasette telai di seta, settecentotrentatre di lino e cotone, due mila seicentonovantaquattro di tela e quarantadue tintorie. Le strade in addietro in pessimo stato, col migliorarsi aumentavano lo scambio e il commercio (1). Avea le solite magistrature municipali, vantava bellissima biblioteca, istituitavi nel 1747 dal cardinale Querini. Territorio esteso, ma per la maggior parte montuoso, presentava la provincia di Bergamo, popolata di duecento-quindicimila centonovantauno abitanti (2), e che avea fatto atto di dedizione a Venezia nel 1428. Al difetto del suolo, il cui prodotto di biade bastava appena per due terzi dell’ anno, suppliva in gran parte 1’ industria nella cultura della seta e della lana, e nel lavoro del ferro, che fornivano copiose fonti ad un vantaggioso commercio. Si contavano fino a dodici mila le poste da bachi da seta in tutto il territorio, che davano 1’ un anno per l’altro ben cento mila pesi di gallette, ai quali aggiungendosi altri trentanove mila circa che si ritiravano dal Cremasco, Bresciano e dal territorio estero di Calcio, ne risultava il computo di circa quattrocentocinquanta mila lirette di seta, la quale preparata poi in organzini, e variamente lavorata, costituiva un vivissimo traffico. Vi (1) Relazione Odoardo Colìalto, 1792. (2) Relazione Ottavio Trento, 1793,