173 gando le provvigioni che ricevessero dai Veneziani e astenendosi da ogni danno e violenza. Quelle parole, che l’imperatore potesse far guerra ai suoi vassalli, alludevano verosimilmente al duca di Milano, il quale trovavasi allora con lui in aperta ostilità. Imperciocché venuto Sigismondo per la corona imperiale in Italia, ed entrato in Milano nel novembre 1431, Filippo Visconti insospettitosi, e, secondo il suo naturale, diffidando di tutto e di tutti, erasi chiuso nel suo castello di Abbia-tegrasso e si rifiutò di assistere alla sua incoronazione a Monza e perfino di vederlo, onde le precedenti buone relazioni ne furono profondamente alterate, e l’imperatore incominciò ad inclinare 1’ animo ai Veneziani, i quali dal canto loro sempre gelosi del Visconti, non si lasciarono sfuggire l’occasione di nuocergli. Sigismondo, ricevuta a Roma la corona imperiale da papa Eugenio IV, il 30 maggio del 1433 si trasferì a Basilea invano tentando di farsi moderatore di quel Concilio o di far piegare il papa a riconoscerlo. Nè miglior effetto producevano le reiterate esortazioni dei Veneziani col mezzo dei loro oratori Andrea Donato, esimio dottore in ambe le leggi, e Gian Francesco Capodilista (1) ; tuttavia non istancandosi scrivevano al papa (2), scrivevano a Antonio Contarmi a Firenze (3) persuadesse quella Repubblica ad unire aneli’ essa i suoi sforzi per la pace della Chiesa e per consigliare il papa a non partirsi da Roma, mostrandogli i pericoli che da tale risoluzione deriverebbero. Infatti gli Stati suoi erano allora gravemente minacciati, ed Ancona erasi ribellata contro il duro governo del vescovo Giovanni Vitelleschi. Filippo Visconti, desideroso di tener truppe sempre pronte a’ suoi servigi e conservarsi anche in tempo di pace la devozione dei più (1) 28 Sett. Secr. XIII, p. 9 e 25 nov. 1433, p. 24. (2) Ibid. 32. (3) Ibid. p. 33.