101 Riaccendevasi la guerra tra Filippo Maria Visconti duca di Milano ed i Fiorentini, non ostante l’ultimo trattato. L’ ambizione del duca non conosceva limiti, e colle armi e colle astuzie tendeva a sempre più allargare il suo dominio, onde insignoritosi di Brescia e Genova, volgeva il cupido sguardo alla Romagna, ove le sue genti entrate «improvvisamente in Imola (febbraio 1424) fecero prigione Lodovico degli Alidosi signore d’essa città e lo mandarono a Milano ; poi ottennero anche Faenza. Crescendo quindi sempre più i sospetti nei Fiorentini, prevalse alfine il partito bellicoso ; furono fatti gli opportuni armamenti, nominati i Dieci alla guerra, e mandato in nuova ambasciata a Venezia Rinaldo degli Albizzi (1). Ammesso in Senato espose come tendendo apertamente il duca ad opprimere la libertà di Firenze, questa erasi disposta a correre la fortuna dello armi in difesa propria e dell’ Italia ; volesse la veneziana Repubblica aprire gli occhi, e come membro principale del-l’Italia provedere alla salute comune; unissessi a Firenze; lo armi loro congiunte imporrebbero un freno alle smoderate voglie del Visconti ; desse segno almeno di favorire la giusta causa dei Fiorentini col chiudere alle genti milanesi i passi del Po ; essere infine i Fiorentini determinati a chiamare in proprio aiuto re, principi e signori e altri potentati del mondo, piuttosto che sopportare più a lungo 1’ orgoglio del duca. Rispondeva il senato (2) : Dolergli profondamente le nuove discordie insorte, i nuovi turbamenti alla pace d’Italia; nulla più desiderare oltre alla quiete di questa ed essersi sempre la Repubblica a tale scopo adoperata ; nella « (1) Il racconto che qui diamo è tutto diverso dagli storici, e mostra che anche sotto Foscari lungamente si esitò avanti di abbracciare il partito della guerra e si abbracciò soltanto dopo esauriti tutt’ i mezzi di pace. (2) Secreta VIII, p. 15ó (13 maggio 1424).