130 segnata l’8 di maggio, e, come si vede, in virtù del trattato, non già per ispontanea sommissione, di cui non trovasi alcun cenno nei documenti (1). Il 23 maggio il Carmagnola tenne ingresso trionfale in Venezia accompagnato dai suoi principali capitani, portando il gonfalone di s. Marco, furono fatte grandi feste, solenne processione, distribuzione di danaro ai poveri. Per mostrare degna gratitudine verso i suoi generali la Repubblica donò a Gian Francesco Gonzaga marchese di Mantova una casa a san Pantaleone sul canal grande comprata a questo fine dal Giustiniani cui apparteneva per seimilacinquecento ducati d’ oro e conferì solennemente al Carmagnola 1’ investitura delle terre di Chiari con grande apparato nella piazza di s. Marco. Così ebbe fine una guerra che se avea procacciato alla Repubblica tante e sì belle terre di Lombardia, avea pure esaurito il suo tesoro e aggravato d’incomportabili pesi la popolazione. Il suo dominio ormai stendevasi oltre che nell’ antico dogado da Capodar-gine a Grado, anche sul Friuli, sulla Marca Trivigiana, che comprendeva Bassano, Feltre, Belluno e Cadore: sul territorio Padovano, sul Polesine di Rovigo, sulle terre vicentine, sul Veronese, sul Bresciano, sul Bergamasco. Ampia estensione di territorio che la metteva tra i principalissimi Stati d’Italia. Ambizioni di principi, scontentezza di popoli, dominio della forza da una parte, passioni esagerate dall’ altra tene- (1) È falso dùnque che i Bergamaschi per sottrarsi alle oppressioni del Visconti mandassero una deputazione a Venezia, offrendo la propria sommissione, che furono accolti con giubilo, che fu mandato a prenderne il possesso Nicolò Contarini, che poi Filippo tentò colle lusinghe e colle minaccie di riaverla ecc. Nulla ne dicono neppure P. Morosini nè il Diedo, questi solo notando che dopo entrato in Bergamo come rettore Leonardo Giustiniano, la città mandò una deputazione a Venezia, come fatto avea Brescia, a prestare il giuramento di fedeltà, atto che fu falsamente preso per una spontanea dedizione.