167 dopo lunga prigionia fu scambiato con Niccolò Guer- dì. Il venere seguente da sera el venne da mi e fecemi ligar e tirar suso e menarmi da lui digando se io voleva dir la verità e mi di-gando d' averla dita et lui dissemi eh! ei volea saper chi era quelo che aveva dito alla Signoria del conte eh’ el se intendesse col signor duca. 10 li dissi non saver alguno l’avesse fatto quest’ accusa. Vedendo .non poter aver altro, el me fece metter alla corda e deme una Iota de corda che me creti (oredetti) morir. Vedendo non poder aver altro da mi, el me fece meter soso e drizzar me le brcizze cum mazor doglia et feceme menar a lui digandomi quello che li parse et partisse. — El sabato seguente da sera fece metter in terra una stanga in un buso, e metter li piedi sotto e fracargli suso la cavicchia, tanto che era per morir dalla doglia. — A dì ultimo di dicembre fu il dì di s. Silvestro venne el dito M. Gaspare e cum lui venne Lunardo di Lunardi in-quisitor di Milano all’ ora di mattini et fecemi andar suso. Pensi ognuno come doveva star il mio cuor. Io mi raccomandai a Dio et andai davanti a loro. Essendoli davanti, Lunardo me domandò s’io 11 cognosceva, io li dissi di no. Et lui mi rispose: e non mi partirò da ti che te farò che tu me cognoscerà ; digando tu non ha vojudo dir la veritade a M. Gasparo. El signor me ha mandado per saper da ti la verità, vaglila dir et haver la sua gratta. Quando tu non la vogli dir mefiti fermo che tu la dirà e le brazze te remagnerà alla corda e cum altre parole, le qual io non scrivo, che aldendo questo, ognuno imagini come stava et mio cuor. Io li risposi che avea dita la veritade a M. Gasparo e de questo lui dover esser certo perchè sei fusse mio figliuolo quelo che avesse accusado el Conte Carmagnola io el manifestaría avanti che voler più martirio et tanto maggiormente el diè considerar ch’el faria de uno stranio ; et símele digo de quel che spetta ai altri capitoli. Questo Lunardo mi disse : tu non voi dir el vero traditor e chiamò i suni ufficiali e fecemi spogliar e ligar alla corda ecc. — 2 gennaio. Udendo di dover esser ancora torturato, disse : Poscia-chè vui avè questa voluntade, la qual vegnerà presto fatta, una cossa ve domando de gratta, che posciachè io debba perder questo corpo così miseramente io non perda l’anima di’ io mi possa confessar e comunicar acciocché el nostro Signor Dio abbia misericordia di questa povera anima. Rispose Lunardo : io voglio la vada a casa del diavolo. Aldindo questo suo crudel dir, io gli risposi che la fortuna gli avea dato libertada sora el corpo, el nostro Signor Dio non li avea dado libertadle sora V anima, sperando in la sua gratta che ablando buona pazienza, questo saria el mio purgatorio rispetto V innocenzia mia e vorrà quela assumer alla sua gloría e quanto più pena date a questo misero corpo tanto lui me darà più merito e a lui me raccomando ». — I dolori delle torture gli strapparono di bocca alcune confessioni, ebe poi a sollievo dell’ anima ritrattò. Alla fine del mese Lunardo andò a Milano colle scritture ed il Cornaro continuava sempre nelle angosce di vederlo ritornare, tormentato dalle ferite, privo d’ ogni persona di servigio ecc. Pubblicavasi finalmente la pace il 10 mag-