Ili nerebbe e farebbe includere nel trattato i suoi aderenti, potendo altresì accettarne degli altri ; ma tutti fossero italiani ; compenserebbonsi vicendevolmente i danni recati dal passaggio delle truppe ; individui nemici o ribelli dell’una parte non si prenderebbero al servigio, nè avrebbero aiuto od appoggio dall’ altra ; avrebbe la Repubblica facoltà di fare spese, promesse ed ogni altro maneggio a vantaggio della causa connine, sostenendone tutti in proporzione le spese : avrebbero le truppe e i viveri dei collegati libero il passo, mentre invece nessuno di essi il concederebbe alle genti del duca o le favorirebbe per modo alcuno : un collegato non potrebbe offendere o molestare 1’ altro e se il facesse ne verrebbe ammonito ; nè perchè uno degli aderenti mancasse ai patti assunti, sarebbe sciolta la lega, la quale nel giorno da stabilirsi avrebbe ad essere pubblicata da ciascuna parte nella città sua capitale (1). Così convenuto intorno alle condizioni della lega, la Repubblica scrisse a’ suoi ambasciatori a Roma per invitare il papa ad entrarvi anch’egli (2); fu eletto un consiglio di cento pel maneggio della guerra (3), fu scritto agli Svizzeri eccitandoli a continuare nella loro opposizione al duca (4), fu eletto capitano del Po Francesco Bembo (5). L’ 11 luglio 1426 aderì alla lega anche il duca di Sa-voja (6), pattuendo avessero ad essere di sua spettanza le terre che si acquistassero oltre Ticino verso il Piemonte e verso i monti superiori d’ Alemagna, con Asti, Alessandria, Voghera, Tortona, Vercelli e Novara, non che Milano e (1) Secr. X, 3 die. 1425 e Comm. XI, p. 171. (2) Secreta IX, 64. (3) Ib. 65. (4) Ib. 65 t.° (5) 13 genn. 1425?6. (6) Comm. XI, p. 189.