32 levare i due Carraresi dal campo e condurli a Venezia; ove, per sottrarli alia furia del popolo, concitato probabilmente dalla credenza generale del tentativo di Francesco di far avvelenare i pozzi (1), furono fatti dimorare a s. Giorgio. Poi ammessi alla presenza del doge, innanzi ad esso s’inginocchiarono, chiamandosi rei, ed ei rialzatili, li fece sedere al suo fianco, e toccando leggermente della loro ingratitudine, parlò del resto benevolmente. Dopo 1’ udienza tornarono a s. Giorgio, ove stettero alcuni giorni (2), avendo due de’ loro familiari destinati a servirli. Stimandosi però pericoloso che rimanessero fuori gli altri Carraresi ben provveduti di danaro, fu intimato ai due prigionieri, che a provare la verità della loro buona intenzione di rimettersi nella magnanimità della Repubblica, facessero venire entro dicembre Ubertino e Marsilio con quanto aveano di argenti e gioie (3). Lo scopo era, come è evidente, non tanto d’impadronirsi di quei valori, quasi che la Repubblica avesse avuto bisogno di tale spogliamento, certo insignificante per 1’ erario, ma di togliere loro il mezzo di macchinare e sollevarle nemici (4). Intanto ordinavasi che i due prigionieri fossero tenuti in buona custodia e trasportati da s. Giorgio alla Torresdlci (5) nel ducale palazzo; e fino che a quel luogo fosse stato opportunamente fortificato, si mettessero nella carcere orba (6), una di quelle che a livello della corte giravano tutto attorno di questa (7). (1) Il Gattaro scrittore padovano e contemporaneo racconta che il popolo gli andò incontro gridando crucifige. Murat. li. It. t. XVII, p. 938. (2) Cosi anche il Gattaro ; non nella carcere orba. (3) Secr. II, 27 novembre. (4) Storici superficiali non mancarono d’accusare la cupidigia della Repubblica, (5) Vi si custodivano i prigionieri illustri. (6) Secreta II, 170. (7) Vedi t. Ili, p. 74 di questo storico.