124 dicenze tra il popolo, ond’ egli ne scrisse molto risentita-mente al doge (1). Il quale con sua lettera del 6 ottobre 1427 incaricava Andrea Morosini di recarsi al più presto possibile al campo e, salutato il capitan generale e assicuratolo di tutta la benevolenza della Signoria, gli facesse conoscere quanto a questa fossero dispiaciute le sue querele, circa a ciò che di lui si diceva tra il popolo ; com’ ei non dovesse curarsene punto, mentr’ egli, sapientissimo, dovea pur considerare la natura e la condizione delle città e degli Stati soliti a \ ivere in libertà e ad esser governati con mansuetudine, come avveniva nello Stato veneziano : dovea pur riflettere alla moltitudine che vi si trovava di forestieri e di gente varia per indole e per costumi, delle cui parole non era a tenersi conto : della stessa persona del doge e del governo venire talvolta qua e là sparlato senza che nè quello nè questo ci badasse ecc. ; infine si mettesse a qualche utile impresa per deliberare intorno alla quale incaricavansi di conferire con lui Pietro Loredan, Leonardo Mocenigo e Fantino Michiel. Dirigevasi infatti il Carmaguola alla volta di Macalò o Maclodio, luogo poco discosto dall’Oglio, a due o tre miglia dal campo milanese e colà fortificavasi. Studiò bene il terreno, volle conoscere ogni sentiero praticabile, ogni macchia, ogni sito pili o men paludoso, ed intanto i capitani milanesi Sforza, Piccinino, Malatesta cui pareva viltà non assalire il nemico, che sotto i loro occhi avea preso Maclodio, fecero passare le loro truppe per un’angusta strada che attraversava la palude. Ad un tratto e mentre erano siffattamente inoltrate da non potere più dare addietro, si trovarono assalite e circondate da tutte le parti dai Veneziani. Allora le ordinanze si scompigliarono, il fango impediva ai cava- fi) Secr. X, p. 89. Nulla di ciò negli storici.