254 la galea del Trevisan ne fu malconcia, e in quella confusione non potendosi più pensare ad altro, fu stimata grande ventura il potersi ridurre in salvo, sottraendosi alla furia dei Turchi (1). Così svanita anche questa speranza, alla misera città altro non rimaneva che implorare con atti di religiosa pietà il soccorso divino e opporre alla ferocia musulmana una disperata difesa. Alle notizie dell’ imminente pericolo sola Venezia faceva ancora qualche tentativo di far pervenire nella città alcun rinforzo. Il 7 maggio (2) il Senato incaricava Jacopo Loredano, capitano generale da mare, di dirigersi a quella volta con cinque galere, cui si doveano congiungere altre due di Creta con millecinquecento a duemila ducati in contante, e di attendere a Tenedo le altre navi ; evitasse possibilmente ogni conflitto coi legni turchi che incontrasse per via, non volendo tirarsi addosso una guerra col sultano ; giunto a Costantinopoli complimentasse l’imperatore e spo-nessegli come non ostante le strettezze della Repubblica, questa mandavagli quei sussidii che poteva ; provvedesse alla sicurezza dei legni mercantili ; trattasse amichevolmente le navi catalane in cui si abbattesse ; se al suo arrivo trovasse che l’imperatore si fosse accordato coi Turchi o che questi si fossero levati dall’ assedio, ripartisse subito ; nel ritorno ricuperasse i luoghi di Modone ritenuti dal despota Tommaso ; procurasse a Costantinopoli che ai mercanti veneziani fosse fatta giustizia de’ loro crediti. Ma era troppo tardi, essendo già, come abbiamo detto, il porto occupato dai Musulmani (3). (1) In nessun storico leggonsi questi fatti con tanti particolari come nel Barbaro. (%)Vìecreta XIX, 194. (3) E’ curioso il motivo per cui secondo Phranza, i Veneziani si