381 provveditore Antonio da Lezze e dalle veementi parole d’un frate domenicano Bartolomeo d’Epiro, che in nome della patria, della religione, dell’ amore alle loro donne, ai figli, eccitava a sforzi quasi sovrumani. E già i Turchi superate le trincee erano pervenuti ad impiantare una loro bandiera sul bastione, quando con prodigi di valore furono respinti e il bastione fu riconquistato. Ordinò Mohammed un secondo assalto. Le artiglierie facevano un guasto terribile, da un lato della città solo un argine di terra restava ancora unica difesa agli assediati, che dopo aver combattuto quanto umano valore poteva, vedevansi obbligati a ritirarsi e la bandiera musulmana sventolava di nuovo sul bastione. Ma accorse una schiera di giovani preparati alla riscossa e gettandosi come leoni addosso al nemico, lo ributtarono ancora, atterrarono la bandiera turca, alzarono quella di s. Marco. Scese la notte, e diede breve posa ai combattenti, ma si rinnovò l’assalto il dì successivo. Durò la pugna tutto il giorno e con variabile fortuna, quando alfine Mohammed ordinò sparassero tutti gli undici cannoni ad una volta contro la porta grande senza badare che ne rimanessero sfracellati assediati o assediatori. Questi difatti che già erano penetrati nella città, a tal ruina inaspettata dietro alle spalle diedero in volta, la confusione divenne estrema, e gli abitanti si trovarono di nuovo sollevati. Tre giorni dopo tenne il sultano consiglio di guerra, e vi si decise che egli se ne partisse con una parte dell’ esercito, rimanendo solo 1’ altra a bloccare la città. Ma le angustie di Scutari ad ogni dì crescevano, nè gli eroici abitanti avrebbero potuto lungamente durare ; giungevano intanto a Venezia avvisi dell’ apprestamento di un nuovo esercito turco per calare in Italia, conside-ravasi i principi di questa essere in discordia e guerra tra loro, la Repubblica sola a sostenere tanta spesa e tanto