262 vibile, le pentole di fuoco che gettavano nei bassi navigli turcgi gl’ incendiavano, le galere si urtavano e fracassavano fra loro, e imbrunita intanto la notte, usci al soccorso Gabriele Trevisan con due galee, ma con tanto strepito di trombe e nacchere da far credere al nemico, che tutta la flotta si movesse, e rimorchiati i legni amici, li condusse a salvamento in porto. La città però trovavasi or chiusa da terra e da mare. Stava alla difesa dalla parte di s. Romano, contro cui era diretto il principale attacco dei Turchi, lo stesso imperatore con Giustiniani ; la porta seguente, or quella d’ Adrianopoli, era affidata ai fratelli Paolo e Antonio Troilo Bochiardi genovesi ; alla Carsia o Calligaria stavano Teodoro di Caristo valente arciere, ed il tedesco Giovanni Grant mastro d’ artiglieria ; il Kinegion, antico anfiteatro, fino alla chiesa di s. Demetrio era assegnato al cardinale Isidoro (1). Avea la guardia del palazzo imperiale col tesoro il bailo Girolamo Minotto ; della Xiloporta e della torre di Anema il genovese Leonardo di Langasco. Su tutto il resto del lato del porto stendevasi il comando del grande ammiraglio Luca Notara ; fra la punta dell’Acropoli pd il Fanale stava Gabriele Trevisano (2) con quattrocento nobili veneziani, e il capitano Alvise Diedo erasi stanziato colle galee all’ ingresso del porto. Lo spagnuolo Pietro Giuliani comandava dal palazzo Buccaleone al Kontoskalione, il veneziano Contarmi dalla porta d’ Oro a Psamatia e il genovese Maurizio Cattaneo, uno dei più valorosi nello scontro delle quattro navi, dalla porta d’Oro a quella di Selimbria ; infine da questa a s. Romano il dotto greco Teofilo Paleologo. Il pericolo ognora cresceva. Mentre le bombarde tur- fi) Hammer, t. IV, p. 5(51. (2) Is ereditavi sibi partem ut pastor, non ut mercenarius, dili-gmter servabat. Phranza L. ITI, c. XI.