472 cioè espulsi i nobili cbe aveano qualche attinenza con ecclesiastici, quando trattavasi di cose relative a Roma (1). Altra cura fu sempre posta dalla Repubblica nelle elezioni alle Prelature onde riuscissero in persone degne, ma non invise al governo, nel volere che il clero non fosse sottratto alle gravezze dello Stato, nel restringere infine, quanto fosse stato possibile, le immunità del foro ecclesiastico. Abbiam già veduto come la Repubblica ottenesse che il patriarcato di Grado fosse trasportato a Venezia, e che la nomina a quello di Aquileja in lei pervenisse (2). Fin da’ primi tempi della Repebblica i piovani ed i vescovi erano eletti dal clero e dal popolo (8), ricevendo poi questi ultimi l’investitura dal doge col pastorale e coll’ a-nello in nome di s. Marco: per Deurn et s. Marcum cogno-sce hunc episcopatum. Ma nel secolo XIV, di pari passo colla forma aristocratica assunta dal governo, anche 1’ elezione dei vescovi divenne per decreto del 1391 di spettanza del Senato, il quale ad ogni vacanza chiamava gli ecclesiastici concorrenti a darsi in nota alla Cancelleria ducale, affinchè quello che riportasse la maggioranza de’ suffragi fosse poi per lettere ducali presentato al romano pontefice per l’approvazione. Codesto decreto confermato nel 1405 fu esteso nel 1443 a tutt’ i vescovadi dello Stato, e allorché nel 1484 venne a vacare la cattedra vescovile di Treviso, il Senato decretò che non fosse accordato il possesso temporale dei frutti se non a quel prelato che più piacerebbe al Senato medesimo, onde fosse provveduto alla salute spirituale (1) Tutto ciò diffusamente in Sandi, Princìpii dì Storia civile della Repubblica di Venezia, lib. VII. (2) Vedi sopra pag. 84, e Commen. XXIII. (3) Esempio di questa elezione 1495 in G-allicciolli IV, pag. 269. E nella Pomissione Jacopo Tiepolo si legge: Electio nrì patriarchae in universo cetu cleri nri et populì permaneat: electio universor. nror. epi-scopor. vacantium in suor, filior. cleri et populi potestate consistât.