273 siglio « considerati i bisogni de’ presenti tempi di aver un principe che abbia la testa libera e serena, atta a ben servire alla Repubblica, la qual cosa ora gli viene impedita dal sapere il suo figlio ammalato del corpo e della mente, e considerato altresì la consueta umanità di questo governo e le benemerenze di esso doge », gli fu concesso che Jacopo potesse libero tornare a Venezia (1). Passarono circa tre anni. Quale fosse il contegno di Jacopo in quel tempo, nulla ci dicono le storie, nulla le cronache, le quali tornano a parlare di lui solo quando nuova ed insigne sciagura 'venne a colpirlo. Un tremendo destino pareva pesare sulla casa Foscari, e quel principe il cui nome suonava famoso in tutta Europa, era condannato a menar vita di amarezza nel proprio palazzo. Tanto sono illusorie le umane grandezze ! Era la sera del 5 novembre 1450, quando Ermolao Donato, illustre per nascita, per sostenute magistrature e ambasciate, e eh’ era stato uno dei capi dei Dieci allorché erasi agitato il processo di Jacopo Foscari, venne ucciso, mentre uscito dal palazzo ducale, restituì vasi alle sue case a santa Maria Formosa. 11 dì seguente raccoglievasi il Consiglio de’ Dieci, e stante la gravità del fatto fu domandata la solita aggiunta, poi si ordinarono diligentissime ricerche e furon promessi gran premii a chi scoprisse il colpevole (2). Profondo mistero copriva il delitto : per quante fossero le indagini, le promesse, le guarentigie offerte al denun-ziatore, non era possibile venire sulle traccio del reo. Il 27 novembre carceravasi un Luchino Zen, ma poi veniva liberato ; il 9 dicembre pubblicavasi nuovo bando, si raddoppiavano le investigazioni, ma col medesimo frutto. Alfine (1) Ibid. p. 80. (2) Cons. X, 14, p. 12. Vol. IV. 36