42 pendo argomento pegli scrittori storico-romanzeschi a fare sfoggio di filantropiche riflessioni a danno d’un governo che « sospizioso tiene tra le sue massime quella di accuratamente umiliare 1’ orgoglio o la gloria di quelli che sonosi con luminosi servigi innalzati (1). » Raccontano che avendo la Repubblica incaricato appositamente un senatore di esaminare i libri fiscali e le ragioni della Camera di quel comune (di Padova), nè solamente le cose di fresca data ma quelle altresì degli anni addietro, si trovasse registrato in que’libri: a Carlo Zeno numerati quattrocento ducati. Erano questi i danari che il Zeno podestà a Milano avea prestato a Francesco Carrara rilegato allora in Asti nel castello di Cortusone, e che il Carrarese gli avea poscia restituiti. L’investigatore di quelle note, fosse per invidia o malignità verso lo Zeno, o fosse per lo zelo del suo ufficio, denunciò la scoperta al Consiglio dei Dieci, il quale condannò lo Zeno a due anni di carcere. Che così si credesse forse dal popolo, che così scrivesse qualche cronista può darsi, ma la verità storica ci dice qualche cosa di più e di ben diverso, e chi pretese scrivere con appoggio di documenti, dovea farsi carico di ricercarli e non copiare senza critica le vulgari credenze. Era la notte del 20 gennaio 1406 quando il Consiglio dei Dieci continuando nelle sue indagini decretava si mandasse subito pel nobil uomo Carlo Zeno procuratore di s. Marco, e s’interrogasse su tre pùnti : se ricevesse mai cosa alcuna dal Carrarese e per qual ragione ; se avesse mai avuto colloquio co’ suoi ambasciatori e messi che venivano a Venezia ; se avesse mai scritto lettere a quel principe o da lui ricevute, e che Cosa contenessero. Si ricorresse all’ uopo anche alla tortura (2). (1) Darù L. SI, trad. it. (2) Misto Cons. X, p. Vili, p. 116 t.° Il Darù non risparmia a quest’ occasione il titolo del più ingrato dei governi alla R. P. e il