486 saponi (1), alla fabbrica delle candele di sego (2), Lo spirito delle imtraprese industriali animava allora i nobili veneziani, onde vediamo un Bulgaro Vetturi ottenere dal vescovo di Trento il 26 gennaio 1462 (3) un privilegio per lo scavo e l’esportazione dell’ allume, così dimostrando, che essi non credevano ancora che il commercio e 1’ industria macchiassero la nobiltà o che meglio fosse godersi il proprio censo oziosamente, anziché dare coi propri capitali eccitamento e vita alle grandi operazioni del commercio e dell’industria a profitto e gloria della patria. Quale infatti fosse il commercio esterno fu già abbastanza chiarito da quanto si venne di mano in mano sponendo in queste storie, e dello stato suo nella prima metà del secolo XV, ci porge ampie notizie il ben noto discorso attribuito al doge Tomaso Mocenigo. Apparisce da quello che Venezia vendeva alla sola Lombardia ogni anno per ducati quattrocento mila di panni, dieci mila di tele, ducen-toquaranta mila di lane di Francia e di Spagna, ducento-cinquanta mila di cotone, trenta mila di filo, ducentocin-quanta mila di drappi d’ oro e di seta, ducentocinquanta mila di sapone, cinquecentotrentanove mila di spezierie e zucchero, centoventi mila di legni di tintura, centodieci mila di altri oggetti (4), complessivamente per un valore di oltre due milioni e mezzo di ducati. Dalla qual prosperità di commercio derivavano ben cinquecento mila ducati di guadagno di provisioni, noleggi a due e mezzo e tre per cento, (11 Senato Terra X, 170. (2) Ibid. I, 80. (3) Raccolta Clesio a Trento, pag. 123. (4) Nel Darù trovansi tra questi altri oggetti, ducati trenta mila di schiavi, e così pare leggersi nel Sanudo, ma in altro esemplare nell’archivio Donà ho trovato : t et assai robe, coi sali, ducati trenta mille. Allume di rocca ducati trenta mila. » Difatti piuttosto degli schiavi, di commercio abusivo, è naturale si computasse il sale, che ben si sa Venezia forniva alla Lombardia.