307 cose d’Italia, dimenticata quasi nell’ordinamento di questa, incapace a difendersi, priva del suo ricco stabilimento di Galata pervenuto in mano dei Turchi, priva delle entrate di Corsica cedute al Banco di s. Giorgio, come fatto avea di Caffa, tornò nel 1458 alla disperata risoluzione di darsi a Carlo VII di Francia che vi mandò governatorè Giovanni figlio di Ranieri d’ Angiò (1). Nè passò molto che i diritti su Genova venivano da Lodovico XI, succeduto a Carlo, ceduti a Francesco Sforza duca di Milano, (1463), esempio istruttivo della condizione a cui le discordie civili riducono gli Stati anche più prosperosi. E mentre così si combattevano queste piccole guerre in Italia e i principi d’ Europa ad altro volgevano le loro cure, invano adoperandosi papa Nicolò Y ad unire le loro forze contro i Turchi, questi, fatti padroni di Costantinopoli, non arrestavano il corso delle loro conquiste. Tenevano il dominio del Peloponneso Demetrio e Tommaso Paleoioghi, quegli a Sparta, questi a Patrasso. Ma non istrutti dalle sventure, anziché unirsi in perfetto accordo contro il comune nemico, si odiavano per modo, che V uno avrebbe mangiato il cuore dell’ altro (2), e in guerra coi ribellati Albanesi, offerivano facile occasione al sultano di venire a fare la conquista del loro paese. Varii furono gli sforzi della Repubblica per reconciliarli (3), quando fin dal 15 maggio 1454 orasi mosso Mohammed con grosso esercito da Costantinopoli, verso il Peloponneso, avanzandosi nella Grecia, ove già Atene era venuta in possesso di Omar suo generale in conseguenza di altre discordie, di altri delitti. La vedova di Panieri Acciajuoli ultimo duca (1) Lettera al re di Francia che avea giustificato quell’ occupazione, Secreta XX. 179. (2) Spandugino p. 94. (3) G Lugl. 1454, Secr. XX, p. 23 t.