146 dei fatti di lui (1), quando sull’ emenda posta innanzi da Troilo Marcello fu per allora tuttavia differita ogni deliberazione in proposito. Si pensò per altro il 2 novembre a richiamarlo di Lombardia per mandarlo in Friuli, ove ad eccitamento del duca s’era fatta una discesa degli Ungheri (2). Scriveva egli invece, come era giunto al campo un nuovo messo del Visconti di nome Damiano da Imola, protestando delle buone intenzioni del suo signore, il quale diceva sè essere italiano e tale volersi dimostrare, e dappoiché il re de’ Romani minacciava di scendere in Italia, vorrebbe unirsi coi Veneziani e coi Fiorentini alla difesa comuue, e rimet-tevasi nel Carmagnola circa al modo di recar ad effetto codesta lega. Rispondeva il Senato al Carmagnola che, dopo i tanti disinganni già avuti circa alle rette intenzioni di Filippo, non era punto di sua dignità il dare più ascolto alle sue mendaci parole ; che se Filippo volesse veramente qualche cosa, la mettesse chiaramente e precisamente in iscritto e mandasse questo al Senato : non tardasse però egli la sua venuta in Friuli (3). Obbedì il Carmagnola, e recatosi nel Friuli ove già avealo preceduto Taddeo marchese d’ Este con altri condottieri, sconfisse gli Ongheri presso all’ abazia di Rosazzo e cacciati dal paese domandò ed ottenne di poter venire a Venezia (4). Che cosa in quell’abboccamento venisse trattato non sappiamo, ma intanto a quel tempo la Repubblica metteva in opera tutt’ i mezzi leciti ed illeciti per torsi dinanzi 1’ odiato Visconti. Accettava il Consiglio de’ Dieci il 10 ottobre la proposizione di Micheletto Muazzo di toglier di (1) Et nostra intentio sit prò bono statuì nri intelligere nos qua-liter vivere habeamus et non stare in his perpetuis laboribus et expensis. (2> Secreta XII, 32. (3) 9 novembre. (4) Secr. XH, p. 37 t.°, 23 nov. 1431.