220 Ma il pessimo de’nemici 1’aveano i Milanesi nel loro interno, ed era quello della discordia. Il Gonzaga, che forse ambiva per se stesso al dominio della città, si diede ad accarezzare le famiglio guelfe,, i nobili ghibellini allora per opposizione volsero l’animo a favorire lo Sforza (1), sperando, nel caso che fossero costretti a riconoscerlo in duca, indurlo a dare tal forma di governo da conciliare le pubbliche libertà colla sua ambizione. Se non che scoperti i loro maneggi per un dispaccio caduto in mano al Gonzaga, questi ne fece trarre buon numero a morte, altri fuggirono al campo dello Sforza ; i Guelfi e la fazione democratica occuparono tutto il potere e dichiaravano voler dare Milano al Granturco o al demonio dell’ inferno, piuttostochò allo Sforza (2). Le difficoltà che presentava allo Sforza 1’ acquisto di Milano aveano già da qualche tempo cominciato a rendere titubante il Senato, molto pesavagli la contribuzione a cui s’era obbligato, le esigenze del Conte e le sue vittorie stesse in Lombardia gli davano ombra, al che aggiungendosi la guerra dichiarata da Alfonso re d’Aragona alla Repubblica (3), avvenne che le proposizioni dei Milanesi col mezzo di Arrigino Panigarola trovarono ascolto, e nuovo accordo fu fatto tra Venezia e Milano; i sussidi allo Sforza comin-jciarono a mancare, la Repubblica si adoperò a fargli venir meno anche quelli di Firenze, ed infine quand’ egli, devastati i contorni della città col proponimento di ridurla per la fame, già si teneva la vittoria in pugno, Pasquale Mali-piero e Orsato Giustiniano gli esposero che per le grandi spese della lunga guerra e per le ostilità di Alfonso che (1) Si sm. LXXIII. (2) Joh. Simonettae 1. XVI, p. 510. Jos. Ripamonti 1. V, p. 623 in Sismondi. (3) Sacre.fa XVIII, p,. 94, 8 loglio 1449.