291 presenza dei Consiglieri e dei capi, gli furon levati il berretto ducale e il fregio d’oro di testa ed ei promise di uscire di palazzo e di restituirsi alle case sue a s. Panta-leone (1). In sul partire dei consiglieri e dei capi dalla stanza, egli accorgendosi come Jacopo Mommo capo dei Quaranta lo guardava fiso e in atto di compassione, lo chiamò a sè e prendendolo per la mano, gli disse : « Di chi estu fio (sei » figlio) ? Rispose io son figlio di messer Marin Memmo. Al » che il doxe : L’è mio caro compagno, dilli da mia parte » che averò caro ch’el ne vegna a visitar, acciò el vegna » con mi in barca a solazzo: andaremo a visitare i monastieri ». Il di seguente (24 ottobre) discendendo il doge di palazzo, per la scala di pietra, con la mazzetta in mano senz’appoggio d’altri se non che accompagnato da m. Marco suo fratello e seguito dai parenti e famigliari, disse m. Marco : Serenissimo V è bono che andemo a montar in barca per l’altra scala de sotto a coverto. E lo doxe disse : Io voio andar soso (giù) per quella scala per la quale ascesi in dogado (2). Così il vecchio doge in età di ottantaquattro anni, dopo tante vicende di letizia e di dolori, deponeva quell’autorità che avea per trentaquattro anni sostenuto con tanto splendore, scendeva in silenzio, solo dai parenti accompagnato, da quella scala per la quale era tante volte entrato al palazzo, corteggiato, celebrato, cinto di tanta gloria, lieto di sì belle speranze, alle quali invece erano succedute le più acerbe amarezze nella vita privata, 1’ umiliazione immeritata nella pubblica ! Fu dal Consiglio provveduto come al solito alla sicu- cronista aggiungendo che si andò a picchiare all’uscio e a svegliarlo mentre dormiva, ma la mattina del 28 ottobre, dicendo la parte del Consiglio 22 quod DD. Consiliarii et capita hujus consilii in crasti-num de mane se conferve débeant. E vedi nota 2 a pag. seg. (1) Cronaca Dolfin. (2) Ibid.