210 contraria a quella di Cosimo de’ Medici, sconsigliava lo Sforza dal gettarsi nel patrimonio di s. Pietro per volgersi contro Roma. Da questa differenza di opinioni e dalla indisciplina delle truppe e scarsezza di vettovaglie (1) derivò una lentezza nelle sue operazioni che gli tornò in grave danno e fece fallire quell’impresa. Delle sue sventure mandò a condolersi la Repubblica promettendogli soccorsi (2), e nello stesso tempo inviava a Filippo rappresentando appartenere Cremona a Francesco Sforza capitano della Lega al quale era stata guarentita pei trattati, e perciò pregavalo volesse astenersi dal recargli molestia (3). Ma vedendo inutile ogni rimostranza si recarono a Venezia Neri Capponi e Bernardo Giugni a rinnovare la lega. Tuttavia prima di venire alle armi i Fiorentini tentarono nuovi accordi col re d’ Aragona, col papa, col duca di Milano, ma inutilmente. Non mancavano intanto i segreti maneggi. Guglielmo, fratello di Giovanni marchese di Monferrato, cedendo alle insinuazioni dei Veneziani e Bolognesi, lasciava la parte del duca, e d’ accordo con Taddeo marchese d’Este e Ti-berto Brandolino, capitano a’ servigi della Repubblica, consegnò a’ Bolognesi la tenuta di Castelfranco, poi passò sotto le loro insegne e gli aiutò a riacquistare varie terre. La stessa pratica tenevano i Fiorentini con Taliano Furiano generale di Filippo ; ma scoperta a tempo la trama gli fu tagliata la testa. Nacquero inoltre nel duca forti sospetti che altro suo generale, il poi famoso Bartolomeo Co-leoni, avesse pure segrete intelligenze coi Veneziani e fu mandato nelle carceri di Monza. Da siffatti accidenti venne non poco sconcerto alle imprese delle genti pontificie e duchesche nel territorio di Ur- (1) 28 Ap. 1446, Seer. XVII, 14. (2) 21 Lug. 1446 Seer. XVII, 88. (3) 30 Agosto 1446 Seer. XVII, 55 t.°