29 altri congiurati, i quali tutti pagarono colla vita la pena della loro fellonia. Scoprivansi di fatti in Venezia (1) il 21 luglio 1405 le pratiche d’un prete Taddeo Bono contro lo Stato e i nobili, e fu giustiziato insieme con altri preti, del qual fatto la Repubblica, scrisse dandone informazione al papa e ne ottenne l’assoluzione. Molti altri furono arrestati, tra’ quali un figlio d’Armano famiglio del signore di Padova, il quale fu però rilasciato, mancando le prove della sua colpa (2) ; certo Pasqualino prete di Mestre, dopo regolare inchiesta non risultando pienamente la sua reità, fu bandito (3). Vedeva dunque Francesco sventate le sue mene, vedeva il popolo presso a tumultuare e conobbe alfine la necessità di calare seriamente agli accordi. Domandò un abboccamento al Bembo (13 novembre) alla porta di Ognissanti, dicendo voler dare la città e venire con suo figlio a Venezia (4). Fu proposto in senato rispondesse il Bembo: troverebbe la Repubblica benigna, ma facesse presto, nè sperasse altro parlamento ; ma il partito non fu vinto e si decise che essendo le offerte del Carrara soltanto nuovi pretesti per tirar in lungo, non gli si rispondesse (5). Laonde i Veneziani, accostatisi nella notte del 17 novembre alle mura, vi diedero la scalata ed entrarono nel borgo di Santa Croce favoriti per segreto maneggio da quei di dentro ; allora il Comune mandò suoi deputati a Venezia a trattare della resa (6), e Francesco vedendo disperate le cose sue, fece ricercare al Galeazzo accampato a Terrani-gra un salvocondotto per venire al suo campo e l’ottenne. (1) Misto Con«. X, t. Vili, p. 105. (2) 29 apr. 1405, p. 104 t.° (3) 2 sett. 1405, p. 108. (4) Secreta II, p. 164 t. 15) Secreta II, 164. (6) Ibid., p. 166, 19 novembre.