208 cavalli, e assicurava Firenze che non le verrebbe meno il suo appoggio se il Piccinino la danneggiasse (1) ; promise egualmente soccorso ai Bolognesi che si erano sottratti alla signoria di quel capitano e per opera di Annibaie Bentivo-glio eran tornati a libertà (2). Ma le armi di Alfonso e del Piccinino intanto trionfavano ed aveano spogliato il Conte di quasi tutta la Marca, ed essendo la politica di Filippo di tener bassa ogni altra potenza in Italia, ora ingelosito di quella di Alfonso, maneggiava con Venezia e Firenze, Genova e Bologna per anni cinque una lega per sostenere il Conte, la quale appena conclusa, ne fu data notizia al re Alfonso pregandolo di sospendere le ostilità contro lo Sforza (3). Del che se egli restasse maravigliato non è a dirsi': ma non per questo lasciò, d’accordo col papa, di rinforzare di genti e di danaro il Piccinino, il quale entrato in campagna per tempo, cominciò le scorrerie pel territorio di Fermo. Se non che ben tosto richiamato a Milano dal duca, affidò intanto il comando al figlio, eh’ ebbe grossa sconfitta dallo Sforza a Monteolmo il 19 agosto 1444, rimanendo egli stesso prigione. Allora il papa mostrò inchinare alle trattative a cui non aveano mai lasciato di persuaderlo Venezia e Firenze e il trattato fu concluso il 10 ottobre, in vista del quale il Conte riteneva la Marca a riserva delle città di Osimo, Recanati, Fabriana ed Ancona che però doveano pagargli tributo. Pochi giorni dopo, Nicolò Piccinino, che non poteva darsi pace della perdita di Bologna, della sconfitta del figlio e del trionfo dell’ avversario, soccombette a tanti affanni e con lui venne a mancare uno de’ più valenti condottieri che s’avesse l’Italia. (1) 18 Febb. 1442/3 358 t.° (2) 17 e 20 Giugno 1443, Seer. XVI, 20, 22, 23. (3) Secret a XVI, 21 sett. 1443, p. 11 e42 t, e Comm. XIII, p. 153.