386 1’ anno seguente si strinsero essi medesimi in lega col re di Francia (1). Tale era la condizione deplorabile della penisola, nella quale spento il sentimento nazionale e di libertà, più non dominavano se non le ambizioni, le colpevoli mene e ruinose gare di parte, le azioni immorali e i tradimenti, quando 1’ aperta forza non potevasi usare od era stimata inefficace. Le paci, le leghe tra Stato e Stato variavano di continuo ; e quelli che oggi erano amici, domani impugnavano le armi e cercavano danneggiarsi a vicenda, nè in Italia sola, e basti ricordare ch’erano i tempi di Luigi XI. Regnava in Francia Ercole d’Este, quando Nicolò suo nipote, sostenuto dal cognato marchese di Mantova, potè approfittare dell’ assenza del duca per impadronirsi della città. Ma il popolo alla sua chiamata e alle sue promesse non si mosse, anzi, vedendo quanto piccolo fosse il numero de’ suoi seguaci, gli si dichiarò contro ed ei fu obbligato a ritirarsi. Inseguito dai contadini fu preso e dal duca Ercole fatto decapitare. Altri e più gravi movimenti succedevano in Genova. In virtù dei patti con cui erasi data a Francesco Sforza, essa sperava di consolidare la sua interna libertà, anziché perderla. Ma il nuovo duca Galeazzo con quel suo animo altero e capriccioso, intese a farvi novità, mostrò nel suo ritorno da Firenze di tenere a vile quei cittadini, poi ordinò una serie di fortificazioni dal Castelletto fino al mare ; e voleva con un doppio muro fiancheggiato di ridotti, dividere la città in due parti per più agevolmente opprimerla. Ne fremevano i Genovesi e tra questi Lazaro Doria con nobile slancio d’amor proprio, fattosi innanzi mentre gli operai già cominciavano il lavoro, intimò loro in nome della Repubblica sospendessero, e strappò ad essi di propria ma-fi) Comm. XVI, 123 e Patente reale p. 127.