228 vansi ciascun anno dal maggior Consiglio della città due probi ed esperti cittadini ad esaminare le operazioni e la condotta dei varii ufficiali e magistrati. Dal che vedesi quanta libertà d’ azione conservasse la città nell’ amministrazione delle sue cose interne e quanto bene fosse dalle leggi provveduto per impedire gli abusi e affinchè i desiderii del popolo potessero pervenire a cognizione del governo (1). Nè meno sagge erano, secondo le condizioni d’allora, le leggi concernenti le arti e i mestieri e ogni altra parte del viver civile, delle quali ricorderemo specialmente, siccome specchio dei tempi, le regolative del pubblico costume e del lusso nelle case e nelle vesti, onde volevasi le donne non andassero indecentemente scoperto il seno, con grave pena alle sarte che siffatte vesti lavorassero, e vietavasi 1’ oro, 1’ argento e 1’ uso dell’ azzuro ol-tramarino nei mobili e nei quadri. A sollievo de’poveri, il governo avea assegnato al Collegio di s. Maria Maggiore certa quantità di sale da distribuir loro mensilmente, ed altre elemosine ; pel resto, provvedevano, come da per tutto altrove, i conventi e la carità privata. Nella parte criminale meritano considerazione le tante precauzioni e formalità volute dalle leggi nell’ uso della tortura. Non doveasi ricorrere ad essa, se non per forti in-dizii, sufficienti e legali, e dopo datane copia all’ imputato o a chi per lui la richiedesse e stesone atto formale ; sulla regolare esecuzione delle quali cose aveano a invigilare i Difensori del Comune (2). Solo il Podestà poteva ordinarla (1) «In dodici anni 1426-1436 il generoso popolo (di Brescia) s’ affezionò tanto a quella modesta e non umiliante Signoria veneta, che quando il Piccinino comparve con ventimila uomini per ricuperarla a Filippo, era troppo tardi ». Cattaneo Notizie naturali e civili sulla Lombardia. Introduzione, pag. LXXIII. (2) Quod D. Podestas Bergom. et judices ejus nec aliquis eor. non possint modo aliquo ponere aliquem ad torturam nec ad aliquod