391 tenta de redur tuta Italia. E fin da mo (d’ora) vogliamo che la Beatitudine antedita sia certissima che no revocando le cen sure et non se abstenendo de la solicitation de la guerra, ma perseverando in le offese sopradicte, nui tre revochare-mo i ambassadori nostri e prenderemo provision tale che prestamente el se accorzerà che nui li avemo dicto el vero de la volimtà nostra et che chi l’ha confortato in opposito, 1’ ha ingannato per sedurlo a satisfaction de suo particular pensieri vergognosi et pericolosi al stato de Santa Chiesa e specialmente de la Beatitudine soa. » I Fiorentini infatti vedendo tornar vana qualunque giustificazione si apparecchiavano a ripararsi colle armi dalle offese ond’ erano minacciati, ed il 13 giugno crearono, secondo l’antica costumanza, i Decemviri alla guerra. Quello che più soffiava nel fuoco ed al quale alludeva la risposta del Senato all’ oratore del papa, era il re Ferdinando di Napoli che già aveva posto in moto le sue truppe per passare il Tronto, ed erasi collegato coi Sanesi, nominando a generale della lega il duca d’ Urbino, Federico di Montefeltro. Ma dall’altro canto si dichiaravano in favore dei Fiorentini, oltreché i Veneziani e Milano, anche l’imperatore Federico, ed il re di Francia Luigi XI; quest’ ultimo anzi minacciava di sospendere la riscossione dalle annate nel suo regno, pel motivo che quel danaro veniva impiegato a far la guerra ai Cristiani, anziché ai Turchi, e spargeva voce voler adunar un concilio in Lione (1), Non cessavano i Veneziani di sci-ivere al pontefice, eccitandolo a deporre le ire, a comporre le cose coi Fiorentini, affinchè poi Italia colle forze unite (unitis viribus) potesse volgersi alla comune difesa contro i ^Turchi (2); ma alfine vedendo tornar inutile ogni persuasione, scriveva all’ imperatore e al (1) Sism. LXXGV. (2) Secreta 18 Sett. 1478, p. 122,