388 popolo non si mosse, già abituato a servitù. Fu proclamato duca il figliuolino di Galeazzo, per nome Giovanni Galeazzo, in età di soli otto anni, sotto la tutela della madre Bona di Savoja e del ministro Cecco Simonetta, eh’ era alla testa delle cose dello Stato fino dai tempi di Francesco Sforza. A quietar Genova, che aveva fatto un nuovo tentativo di ricuperare la libertà, le fu dato governatore uno de’ propri i e migliori cittadini Prospero Adorno, e le si confermarono le antiche franchigie. Lettere di condoglianza vennero da tutte le parti d’Italia ed anche da Venezia alla duchessa Bona, e assicurazioni di buona amicizia. Erano passati appena quattro mesi dalla morte di Galeazzo, e nuova congiura manifestavasi a Firenze contro i fratelli Lorenzo e Giuliano de’ Medici, figli di Piero. Non era pili quella vita agitata, trasmodante perfino nell’ amore della libertà, non era più quel vivo interessamento alle cose d’Italia, quell’ ardore nel sostegno di parte guelfa che a-veano fatto in addietro la Repubblica di Firenze così burrascosa, ma in pari tempo così grande e rispettata. I Medici aveano saputo intorpidirla, ma la loro grandezza non mancava d’invidiosi e fra questi era principalmente la famiglia de’ Pazzi, i quali offesi anche nelle sostanze, dacché per nuova legge erano stati spogliati dell’ eredità di un Giovanni Borromei ricchissimo cittadino, disegnarono la perdita dell’ odiata famiglia. Trassero alla loro parte quanti aveano a lagnarsi de’ Medici, tra gli altri Francesco Salviati arcivescovo di Pisa, che quelli rifiutavano di riconoscere ; Girolamo Riario nipote del papa, e Giovanni Battista di Montesecco confidente di esso Riario e condottiere al servigio della santa sede. Fallito il primo disegno di uccidere i due fratelli ad un banchetto dato da Jacopo de’ Pazzi nella sua villa dei Montughi, poiché Giuliano non v’ intervenne, stabilirono di eseguire il loro truce disegno nella chiesa