158 in sui convenevoli, mi dava il maggior affanno eh’ uomo soffrisse, poi che infine uno non può esser galante a tutte le ore del giorno, nè in tutti i contingibili casi della umana vita. Di fronte la mia vista era allegrata dal fraterno spettacolo d’un impresario, che divideva la conversazione ed il pranzo con un suo nero mastino; dall’un de’capi delia lavola, chi aveva finito il frugale banchetto, senza darsi alcun pensiero del prossimo, con grande soddisfazione di sè medesimo fumava il cigarro, e il fumo del tabacco si mesceva al fumo delle vivande; di fianco, laddove solo poteva l’aria e la luce, e l’altanella domina il vicino cantiere, m’era tolto dall’orrore l’indirizzare la vista. Ivi un povero operaio si pericolava in bilico sopra un albero di nave a racconciare la gabbia, o le sarte, ond’io che in quell’ istante medesimo sperimentava tutte le difficoltà del tenersi in bilico, temeva di vedermelo ad ogni istante capitombolare abbasso; che ancora ne rabbrividisco! Pari alle comodità del sito fu l’imbandigione: non si mangiò ciò che si volle, ma solamente ciò ch’hanno voluto ed era rimasto. Si aggiunga, che come uomo nuovo, poco pratico del sito e de’suoi costumi, io era incorso nell’indignazione del cameriere, poiché avendo fino allora credulo che chi serve è servidore o carne-