3o6 E ispirati dall’estro medesimo furono i diversi canti rimati, che tengono nelle sue composizioni d luogo dei cori de’Greci. L'inno alla notte, fu un componimento di tal forza anzi di tal potenza d’immagini, di tale spontaneità di verso, che destò l’ammirazione in tutti gli astanti; a tale che quantunque stanco e anelante, con gentile insistenza l’ammirata adunanza chiamò per in-sino a tre volte l’inspirato a mostrarsi. Gli altri cantici non furon diversi se non nella qualità degli alletti; ma eguale in tutti fu l’entusiasmo e la vena. Oh perchè non potemmo fermare nella memoria alcuna almeno di quelle strofe affettuose sulla campana dell’avemmaria o sulla bellezza? Perchè le stampe non perpetueranno il diletto, onde ne fummo giovedì sera commossi? Ah spenta non è ancora la sacra favilla dell’ estro ! nè l’Italia vive solo delle sue memorie! Nuovi ingegni già sorgono sulle tombe dei grandi, il cui soffio fu dalla morte disperso, e verde manterrassi pur sempre il sacro suo alloro. E qui stesso non vive forse in tutto il fiore della sua giovinezza uno de’più begl’ingegni d’Italia, eh’ emulo ei pure un tempo del primo Sgricci ne calcò Torme medesime ed or cresce colle stampe di nuove ricchezze lo splendido tesoro dell’italiano Parnaso? E questo ingegno è nostro concittadino, e il chiamerei anche col