59 V. Una serenata. — Mercoledì sera (*). Era d’oltre due ore trascorsa la mezza notte, la luna scendeva in tutta la maestà de’ suoi argentei splendori, e la lieve brezza notturna increspava appena il quieto dorso dell’acque, men-tr’io intanto prendeva parte allo spettacolo della bella natura, vezzeggiando sotto le coltrici un molle sonnellino, che lieve lieve m’era allora disceso a velar le pupille, quando un tenue romo-re, che presto cambiossi in suono distinto e di mano in mano avanzandosi crebbe in un bel concento di strumenti e di suoni, mi riscosse dal leggiero sopore, sì che in fine potendo più la curiosità e l’armonia, che non il sonno o il tepor delle piume, m’imbavagliai alla meglio, e corsi quatto quatto a far capolino al balcone. Sotto a quello e sull’ acque quasi per incanto era surta una nobile e numerosa orchestra, che allo splendore dei festivi palloni e seduta dinanzi al suo leggio dava dentro soavemente agli ordigni, con quell’amore e quella soavità di effetto, che suole accompagnare le cose che per diletto e vaghezza si fanno. La musica barca si traeva dietro altri (*) 5 giugno 1833.