267 ohe la gente non v’accorresse in copia anche in disastrosissime sere. Eguali feste ella trovò pure in privato, e chiare e gentili famiglie l’onorarono d’ accoglienza e d’inviti. Nè mai fu più giusta la fortuna. Se nella moltiplicità delle accademie e nella varietà e quantità degli argomenti, e tali ne mandò pur fuori quell’ ingenua urna, che non che accendere la mente avrebbero spenta ogni sacra favilla, s’ella in tutte e in tutti non use» vittoriosa del pari , in ognuna v’ avea pure tal parte di poetica ricchezza, da contentarsene chi indiscreto non esigesse nell’ improvviso e non isciolto discorso, quella perfezione che appena si trova nelle opere lungamente pensate. Ma in nessun’altra accademia 1’ estro più la infiammò che in quella data all’Ateneo, ove il fiore della nostra cultura erasi accolto a giudicarla ; pericoloso cimento, e tanto più per lei onorevole quanto maggiore fu la vittoria I La severa adunanza che certo di ciechi e fanatici ammiratori non era, ne rimase pur ammirata; e quella gentile, specialmente nel primo saluto cl’ Èva all’ aurorar, nelle magnifiche ottave della vittoria dei Eeneziani nel canal Orfano, nell’ influenza della religione sulla poesia, ben si può dire che vincesse 1’ opinione di tutti. La fluidità con cui le sgorgavano i versi dal labbro e le belle immagini che le si affollavano al pensiero, la stessa