166 quali si autorizzava il Condulmer acconsentire pel conseguimento delle su espresse condizioni anche ad una contribuzione in danaro da commisurarsi allo stato attuale di penuria dell’erario; pel secondo oragli ingiunto d’ottenere la sicurezza degli ambasciatori d’ Inghilterra e di Russia nelle persone e nelle robe, e che fossero protetti non solo da qualunque insulto personale, ma altresì al loro stemma. A tale disperata risoluzione aveano condotto la paura in alcuni, il convincimento in altri che la Repubblica, ornai troppo vecchia e non rispondente alle nuove idee, avesse ad ogni modo a perire, le discordi vedute nei comandanti di terra e di mare, l’insufficienza delle genti e delle difese. Tutto però volevano i padri si sagrifìcasse, tranne la libertà e l'indipendenza della patria, la santità della religione, le vite e le proprietà dei cittadini. Presa la suesposta deliberazione, lo sfasciamento della Repubblica aristocratica non avea più ritegno, ed essa correva rapidamente al suo fine. Ottenuta breve proroga dal generale Yictor pel ricominciamento delle ostilità, la Consulta del 7 maggio versò sull’ allontanamento degli Schiavoni di cui prevede-vasi la resistenza all’ inevitabile cambiamento. Molte furono le opposizioni ; dichiaravasi essere quelle genti atte bensì e disposte ai disordini e al saccheggio, ma inutili ormai alla difesa ; persisteva Battagia, sè non voler esser complice col suo voto delle sciagure che minacciavano alla città ; tuttavia prevalendo le buone ragioni del savio di Terraferma Guido Erizzo, fu vinto il partito del non disarmare. Vana mostra di fermezza per un momento, debole ed effimero bagliore di un sentimento generoso. Due giorni dopo, 1’ 8 maggio, dovevasi distruggere quanto era stato deliberato il 6 !