76 nerale Guillaume coll’ impadronirsi di quella fortezza (1). Ma soprattutto spaventava 1’ improvviso arrivo di Junot, ajutante di campo di Bonaparte, con dispaccio da consegnarsi prontamente in pieno Collegio, attendendo solo ven-tiquattr’ ore la risposta. Il domani lo aprile era il sabato santo, giorno tutto dedicato alle religiose cerimonie, nè valse il rimostrare al Junot che tanta deviazione dall’ antica consuetudine di non occuparsi in quel giorno di maneggi politici, avrebbe prodotto grande scontentamento nel popolo. Fu uopo accordare l’udienza. Il colonnello d’artiglieria Andrea Fratacchio l’attendeva alla riva di palazzo. Da esso accompagnato ascendeva Junot le scale e presentavasi alle porte del Collegio, ove, secondo il cerimoniale usato, picchiando, facevasi intendere che l’ufficiale chiedeva d’essere introdotto. Avendo, giusta il concertato, il doge acconsentito di riceverlo, un segretario della deputazione di Francia aprì 1’ uscio, l’accolse e con tre riverenze e cappello levato lo accompagnò fino al posto ove di solito siedono gli ambasciatori. Junot in piedi espose in poche parole 1’ oggetto della sua missione (2), e lesse ad alta voce la seguente lettera di Bonaparte data dal quartiere generale di Judenburgo 20 germinale (2 aprile). « Tutta la Terraferma della Serenissima di Venezia è in armi ; in ogni parte i villici sollevati ed armati gridano morte ai Francesi; molte centinaia dell’ esercito italico già sono stati uccisi ; invano voi disapprovate le turbe raccolte per vostro ordine. Credete voi che nel momento in cui mi trovo nel cuore della Germania io non possa far rispettare il primo popolo dell’ universo ? Credete voi che le legioni d’Italia sopporteranno pazientemente le stragi che voi eccitate ? Il sangue de’ miei (1) Delib. Sen. mil. T. F. 13 aprile. (2) Grande Cerimoniale della Repubblica, all’Archivio.