32 teresse e l’ambizione di tutti quei corpi, i quali vedendosi così parificati, si adoprerebbero necessariamente con zelo ed efficacia alla preservazione dello Stato. Rispose il cav. Pietro Dona, che questi suggerimenti sarebbero fatti tema sollecito della consulta, ma che la gravità degli argomenti stessi, la immensa mole degli affari correnti, e le gravi riflessioni che i proposti argomenti esigevano, non permettevano un’ immediata deliberazione, ma prometteva solleciti studii. Il risultamento de’ quali portato in Senato fu onninamente negativo, avendo opposto i Savii che 1’ alleanza colla Francia, già sempre rifiutata per lo passato, diverrebbe ora, anche volendo, impossibile, dacché i Francesi si stimavano già padroni di tutto ; e, quanto all’ ammissione de’ deputati delle provincie a rinforzo del governo, sarebbe ora inopportuna ed incapace a sostenere la macchina crollante, alla quale verrebbe anzi maggiore scossa per le tempestose discussioni che da siffatta proposta sarebbero derivate nel Maggior Consiglio, ove sarebbe stato a trattarsi largamente (1). Così mancando la ferma risoluzione, la fiducia in sè e nella più lunga esistenza della Repubblica, tutto andava a fascio, le deliberazioni erano incerte, contradditorie, e la ducale del 20 marzo fu cambiata il 22 raccomandando al Battagia e al Contarmi a Verona, non più, come la prima, V assoluta difesa, ma la massima circospezione possibile verso i Francesi (2), adducendone la necessità a causa (1) Gli ultimi otto anni, pag. 218. (2) Vedi filza Cicogna suddetta e Condotta ministeriale del conte') Rocco San fermo, pag. 86, ove scriveva: «Non giova occultarlo: imbarazzo in chi adempier aveva gli ordini del Senato non era di poco momento. Ripulsare i ribolli, combattere quelli che li sostenessero, clie pur erano dimostrativamente Francesi, e rispettare la neutralità, sembravano cose di non facile accordo. »