107 Fu codesta risoluzione dei Proveditori da molti acremente censurata, fu attribuita al solo sentimento della propria salvezza, crudelmente abbandonando alla vendetta francese gli ostaggi che già si trovavano in castèllo, fu considerata come una vile diserzione. Protestano però Giovanelli e Oontarini nella loro lettera non essere stato timore di prigionia o di morte che a quella deliberazione li spingesse, ma l’impossibilità di ridurre i Francesi a più miti condizioni, e la furia quindi che si sarebbe riaccesa nel popolo se le avessero firmate. Colla loro partenza la città era irremissibilmente perduta pel dominio veneziano, non in modo umiliante ceduta, e raggiunto che avessero i Francesi il loro scopo, era a credersi che non avrebbero inveito almeno contro le persone ; comunque siasi, sottoscrivere una carta senza la voluta riserva della loro sicurezza, era un abbandonarle deliberatamente, un tradirle. Infuriava Kilmaine alla notizia della fuga, e alla città fu imposta una contribuzione di quaranta mila ducati (1), convenendo però colla nuova Autorità municipale della salvezza delle persone e degli averi; che sarebbero disarmati e rinviati i villici, le truppe venete con armi e (1) « Contribuzione di D. 40/m, disarmo del popolo e villici, e ritorno di questi nei rispettivi Comuni, nel rilascio libero della truppa veneta con armi ed equipaggi per dover sortire dalla porta Vescovo, fermo sempre il rispetto alle vite, alle proprietà, alla religione ecc. Non ho riscontri sicuri, ma molti asseriscono che anche a quella parte siano costretti ad adottare nuova forma di governo. » Lett. Rappr. Verona Erizzo. Altra del 26. « Corrono le voci che la nostra milizia sia rimasta prigioniera, a riserva di alcuni piccoli distaccamenti che al momento della apertura delle porte potevano salvarsi e ridursi in questa città. »