25 tanti cittadini, e nell’ impossibilità di averli tutti nelle mani, temendo dar motivo ai loro amici e complici di prorompere, se ne stava dubbioso. Far fucilare otto o dieci persone così di subito, senza forma giudiziaria, non si poteva : una forza armata atta a far fronte ai disordini, non aveva ; inoltre come evitare di porre a rischio la cosa pubblica rimpetto ai Francesi, i quali, sebbene, come avea detto Landrieux, non avessero partecipato direttamente alla rivolta, non avrebbero però, pregati da’ ribelli, lasciato d’ immischiarvisi col pretesto, non foss’ altro, di proteggere i loro amici ? In tale imbarazzo il Battagia inviò speditamente a Verona il tenente colonnello Rivanello per ritirarne il maggior numero di forze che fosse possibile : avea disposto di mandar un messo a Milano (il che non ebbe poi effetto per la rivolta intanto avvenuta di Bergamo) ; cenvocò una consulta di ufficiali dello stato maggiore, la quale decise di chiudere le varie porte che davano ingresso al palazzo, lasciando aperta soltanto la principale, disporre le truppe italiane alla custodia, far accostare gli sparsi corpi di cavalleria, avere un deposito di munizioni, e usare ogni possibile diligenza. Scrisse il Battagia altresì a Bonaparte, lagnandosi che un numero di scellerati, coperti dalla protezione francese, minacciassero la pubblica quiete, ordinasse, pregavalo, al presidio francese di consegnargli alcuni pezzi d’ artiglieria per potersi difendere, e ai Lombardi non passassero per la città. La lettera fu spedita il giorno 11 alle ore sei della notte, ed il 13 nel pomeriggio giungeva la notizia della rivolta di Bergamo ; la sera del 13 arrivava a Brescia lo stesso Ottolini. Crebbero per la narrazione di questo e per certe parole del generale Cha-bran, comandante in Brescia, i sospetti dell’ ingerenza francese ; laonde, per togliere ogni motivo di maggiore esa-Vol. X. 4