170 e altra figura cominciato avea a comparire sulla scena, dando altro indirizzo alla faccenda. Era questi certo Tommaso Zorzi droghiere, che alle ore 7 della stessa sera erasi recato presso il Morosini per chiedere fosse dato ordine alle guardie di palazzo di lasciarlo passare avendo a comunicare al doge cosa di massima rilevanza. Ammesso, raccontò eh’ egli era stato quella sera a cena presso il segretario di Francia, ov’ erano pure parecchi Francesi, i quali aveano tenuto discorso tra loro della imminente rivoluzione che scoppiar dovea l’indomani ; che avrebbesi fatto piantare in piazza s. Marco 1’ albero della libertà, e promulgata la Municipalità ; che già potevano far assegnamento sopra buon numero di Schiavoni e de’ loro uffìziali ; che rimasto poi solo col Villetard, egli Zorzi aveagli manifestato il suo dolore di quanto avea udito, e alle sue preghiere il segretario erasi indotto a differire d- un giorno la cosa, affinchè potesse intanto avvisarne il doge e prender d’ accordo i necessarii concerti per fare che tutto procedesse con tranquillità. Il doge licenziando lo Zorzi l’eccitò a recare le intenzioni di Villetard in iscritto, e fatto tosto chiamare il Donà, tutto gli rilevò, attendendo con ansietà il mattino per riconoscere se 1’ esposto dal Zorzi fosse un inganno, o se veramente procedesse dal Villetard. Raccoltasi adunque il giorno 9 la Conferenza, il Donà l’informò di tutto 1’ occorso, e venuti il Zorzi e lo Spada, non essendosi stimato conveniente l’ammetterli nel luogo delle conferenze, furono deputati Donà e Bat-tagia ad ascoltarli nella stanza vicina. Riferivano essere stati dal Villetard, e producevano due informi carte, che dicevano di avere scritte eglino stessi raccogliendo i suoi discorsi, che non volle mettere in carta, ma che ripetutamente asseriva essere secondo il pensiero di Bonaparte,