266 solo momentaneamente a Mombello. Nello stesso tempo preparavasi in Francia una reazione, della quale, quando fosse riuscita, non erano a misurarsi abbastanza le conseguenze sulla condizione politica dell’ Europa in generale. Il co. di Lilla, partitosi da Verona, si era recato al campo del principe di Condé sul Reno, ma siccome la sua presenza colà non si confaceva alle vedute politiche del gabinetto di Vienna, che non 1’ avea riconosciuto nè voleva irritare di troppo il Direttorio, ebbe l’ordine di partirsi, e alla sua ripulsa fu obbligato dalla forza militare (1). Ritiratosi a Biankenburg continuò di colà a mantenervivi i maneggi col Condé, col fratello conte d’ Artois, e perfino col generale Pichegru il quale, segretamente guadagnato alla causa borbonica, in grazia di questa, si era già lasciato battere sul Reno, ma che poi d’indole indecisa e titubante, considerando la temerità dell’ impresa, teneva ambiguo procedere, avendo dato da un canto al Direttorio la sua rinunzia, dall’ altro non desistendo dal corrispondere coi regii e dal riceverne larghi compensi, in cambio delle amine promesse eh’ ei faceva, e di progetti che mancavano d’ ogai fondamento. Nè maggiori ne aveano le pratiche degli altri agenti regii, divisi inoltre d’opinioni, volendo alcuni si ricorresse a dirittura alle armi, risollevando la Vandea ; altri, con segreti maneggi, pensavano impadronirsi delle prossime elezioni; poi, in virtù di queste, dei Consigli ; e, in virtù dei Consigli, del Direttorio e de’ posti più e-minenti : questa pareva loro essere la via più sicura per (lì Thiers, Beii. Frati \ L. XXXV. Questo è ben altro ohe le amichevoli rappresentanze fattegli fare dalla Repubblica di Venezia col mezzo del Carlotti a Verona, di cui si levò tanto schiamazzo !