142 » La parte xe proposta col Nostro nome, perchè le leggi ha dà la facoltà a Nu soli de poder far proposizion, senza li metodi stabilidi molto prudentemente per tutti li altri casi. Non avemo mai più usà de un tal privilegio, la urgenza però del momento, la gravità della cosa, non concede solo, ma obbliga in adesso a prevalersene. » Dalla Signoria poi ghe sarà spiegà più diffusamente quanto la Parte stessa contien ; ghe saran lette le carte tutte relative ; le esortemo, abbandonando qualunque vista privata, ad unirse con voto concorde, mentre questo è il solo mezzo de salvar nu medesimi e la cara Patria. » Sostenevano le parole del doge il consigliere Giovanni Minotto e il capo dei Quaranta Pietro Bembo. Un cupo silenzio regnava nella sala, e in mezzo a questo veniva letta la relativa Parte, la quale conteneva inoltre la facoltà data ai deputati di promettere la liberazione dalle carceri di tutt’ i detenuti per opinioni politiche dal tempo dell’ingresso degli eserciti francesi in Italia, secondo la nota dal generale indicata. Era grave deliberazione, trattavasi, pei nobili, di rinunziare ad una signoria sostenuta da tanti secoli, di darsi umili in mano ad un inesorabile vincitore ; ma a tutto questo prevalsero la considerazione di salvare la città, la fiducia che la Repubblica avesse a continuare a sussistere, sebbene sotto forme democratiche, e il partito fu vinto con 598 voti affermativi contro 7 negativi, 14 non sinceri. Partiva la sciagurata deliberazione, e con essa una lettera ai deputati Donà e Giustinian ed Alvise Mocenigo Luogotenente di Udine, che univasi agli altri due nella nuova missione a Bonaparte, la quale confermando le sovraesposte concessioni, raccomandava loro di usare dei più cauti modi e di tutta la desterità per ottenere che gli effetti ne riuscissero del minor danno, e meno funesti che