331 inviperito, che nei decorsi. Le sortite furono assai più frequenti, e le conseguenze dello scoppio delle artiglierie molto più dannoso per -incendj, non meno che per qualche perdita di uomini. Ma nel prestarci, come noi facciamo alla difesa di questa popolazione, non si abbandona la vista essenziale di tentare, come W. EE. prescrivono, le vie possibili a risparmiare il sangue ed a promuovere la conciliazione, e bramata tranquillità. Coltivato perciò dal generale Nogarola questo spirito anche presso del generai Balland, parve, che riuscito a farne penetrare il suo animo, e lasciatolo discendere, ci invitasse col di lui mezzo a nuove pacifiche trattative. In questo stesso sentimento essendosi altresì manifestato il generai Chabram, e mostrato essendosi impaziente d’aver con me, Giova-nelli, una intervista tra le mura e il campo, fu forza il condiscendervi. Tutto era concertato anche per una parte, e per l’altra, onde cessar avessero le ostilità ; ma l’indocilità del popolo, e la mala fede francese, lo ha fatto presso che mai tacere. All’ ora stabilita intanto, precorsi gli costumati avvisi, sortito io con il signor provveditor di città conte Emilj, il conte Zorzi Giusti, e sig. Francesco Merighi perchè di molta probità, e perchè prediletto da’ san Zenati, verso de’ quali in questi aspri momenti non sono trascurabili molte delicate avvertenze, mi portai allo stabilito posto, dove poco dopo giunse pure il generai Chabram, accompagnato dall’ ormai troppo conosciuto Landrieux, e dall’ altro generale Cherarlier. Il dialogo fu lungo, e i fatti occorsi in Brescia, Bergamo, Crema e Salò furono le basi del di lui discorso, e quindi attestandolo alle cause produttrici dell’insurrezione, parlò dell’oggetto della nostra intervista. Egli la concentrò a due punti essenziali. Libero l’ingresso alla sua truppa in città, e sbando de’ villici per aver libere le comunicazioni colle armate. Pronunziate le due proposizioni con i modi più energici, e fermi, niente valse a rimoverlo. Vi aggiunse bensì la minaccia, che lor quando forzato avesse ad entrale nella città colla spada insanguinata, egli ridurrebbe Verona un mucchio di sassi. Tale a molte riprese, dicendo esser l’ordine, che egli teneva. Quindi imputando ad opera della più raffinata politica l’unione de’ villici, disse, che VV. EE. volendo fare la guerra a’francesi, nè osando direttamente di prendere l’armi contro i medesimi, avevano imaginato una rivoluzione per armarsi e piombargli contro ne’ momenti, ne’ quali il nemico gli stava di presso: che lo provava 1’ esser egli stato costretto di aprirsi il passo della Lombardia sempre combattendo, e disarmando torme di villici, sostenuti, e