50' imitazione lo stesso trattamento. Bonaparte rispose: gli Austriaci essere ornai del tutto cacciati dall’ Italia, essere egli ormai padrone di tutte le fortezze e città, ed in istato quindi di dettare la legge, e che rispetto alla mancanza del danaro, non credeva a tanta deficienza dell’ erario, ma che ad ogni modo avrebbe potuto il Senato valersi dei tesori del duca di Modena e degli altri fondi esistenti in Venezia di ragione de’ suoi nemici. Da tutto il contesto, concludevano, di questi ragionamenti si traspirò pur troppo lo stabilito suo principio di riguardare lo Stato veneto come da lui occupato, e Dio non voglia anche il suo disegno di stringerci ancora maggiormente per poter da noi esigere qualunque cosa colla forza,, giacche coll’ occupazione della fortezza di Palma, eh’ egli disegnava di porre prestamente in istato della più valida difesa, e con quella del porto di Trieste era pervenuto all’ intento d’interamente bloccare la Repubblica da qualunque parte. La lunga conferenza finì con parecchie ricerche fatte da Bonaparte intorno alle rendite del pubblico erario, alla forza e alla costituzione delle Provincie, al tempo e ai titoli di possesso, dopo di che con molte cortesie li licenziò. Il Pesaro, a sua guarentigia e a modo più impegnativo per Bonaparte, riepilogavagli, prima di partire, in una lettera le avute dichiarazioni, quanto alla niuna ingerenza che prenderebbero i Francesi ne’ provvedimenti del Senato per la tranquillità de’ sudditi, purché non fossero a quelli di pregiudizio, all’ essere alieno il governo francese dall’ immischiarsi nelle costituzioni e nelle forme di governo degli Stati amici (1), e al provvedimento delle sussistenze. (1) Da ciò si vede quanto sia lungi dal vero ohe il Pesaro e il Corner fossero incaricati di proporre anche riforme nella Costituzione veneta. Difatti la loro commissione nulla ne dice.