‘201 ziava il cambiamento già seguito del governo a Venezia, e l’istituzione della Municipalità, e domandava istruzioni. Scrivevagli il 13 Bonaparte, entrasse senz’ altro nella città con cinquemila uomini, e nello stesso giorno ordinava al Sibille vi entrasse egualmente colle flottiglie da Trieste (1). I deputati, ricevuta il 14 l’ultima lettera in nome del doge e deh suo Consiglio che ordinava di concludere, credettero loro dovere di portare ad ogni costo a Venezia un trattato di pace, e recatisi al Bonaparte gli dissero che ciò eh’ era dubbio se fosse stato ne’ loro poteri, ora diventava per essi d’obbligo, e dopo le cose seguite a Venezia trovandosi autorizzati a convenire sulla base della democrazia, potevano promettere sarebbe divenuta permanente la forma di governo democratico accettata intanto dal Maggior Consiglio a modo di provvisione, quando potessero portare a Venezia per un trattato la pace e la riunione delle Provincie. Il Bonaparte accondiscendeva finalmente a stendere la minuta d’ un trattato nel quale, evitando studiosamente ogn’ indizio di pressione dal canto suo, o delle truppe francesi in Venezia, voleva fosse serbata tutta la spontaneità del governo nell’ eseguito cambiamento, assicurava che avrebbe operata l’unione delle Provincie, solo che in luogo del Bergamasco e Cremasco offeriva il Ferrarese e la Romagna, di cui poteva disporre come di sue conquiste. A gran fatica furono rimossi i compensi che ancor voleva pei fatti di Verona e del Lido, non poterono però i deputati riuscire a sottrarre dalla giudicatura gl’ Inquisitori ; pattuivasi la liberazione dei prigioni, e che ogni ostilità verrebbe a cessare sul momento senza attendere le ratificazioni ; negli articoli segreti poi si definivano i compensi da darsi dalla Repub- (1) Correspondance de Napoléon /.«•, t. Ili, Milano 24 floréal, 13 maggio. Vol. X. 26