79 stato le città oltre Mincio, accertandolo dei devoti e leali sentimenti del Senato veneziano (1). La lettura di siffatto scritto destò gravi altercazioni, molte voci di disapprovazione si sollevarono. Marco Antonio Michiel, tra altri, dichiarò troppo umiliante e inconveniente la destinazione dei due deputati, dalla quale già non era ad attendere alcun frutto (2), umiliante, indecorosa la lettera ed inutile, essere ornai tempo di agire con forza, ed approfittando dell’ ardore affettuoso dei sudditi, perire piuttosto con onore, che vilmente, vittima dell’ altrui prepotenza ed astuzia. Ma la parola guerra suonava così spaventevole alle orecchie della maggioranza, che più facilmente inclinò alle parole del Calbo, il quale mostrava in quella lettera l’unica via di salute, ed il partito fu vinto con centocinquantasei voti contro quarantadue. Furono nominati * deputati Francesco Donà allora censore e Leonardo Giu-stiniau già savio di Terraferma di sentimenti democratici, e che fu poi Municipalista (3). Era loro incarico appoggiare a voce viepiù i sentimenti espressi nella lettera, offrire ogni schiarimento, calmare ad ogni modo il generale. E per dare altra prova di condiscendenza mettevansi in libertà, facendoli ricondurre ai confini, i prigionieri di Salò, non ostante le vive proteste in contrario dei nobili Gabriele Marcello, Gio. Matteo Balbi e Angelo Diedo, i quali mostrarono il pericoloso esempio che ne verrebbe ai sudditi, quando vedessero impuniti i ribelli (4). Altro decreto era stato proposto dai Savii, quello cioè che per minorare i pretesti ai Francesi, si dovessero fin (1) Per esteso nella Raccolta II, 117. (2) Memoria sugli ultimi otto anni, 267. (8) Ibid. 268. (4) Ibid. 251.