51 Contemporaneamente ricevevasi dispaccio dal Querini da Parigi colla risposta del Direttorio al memoriale da lui presentato il 23 marzo sul medesimo argomento. Diceva il de la Croix, che si prenderebbero informazioni sullo stato delle cose, ed il Carnot, interrogato se il Senato sarebbe lasciato libero di agire contro i ribelli, rispondeva, che sì, quando non sì offendesse la truppa francese. Ma il Querini nel riferir queste parole non lasciava di far osservare al Senato che il Direttorio si regolava secondo gli avvenimenti, che Bonaparte avea si può dire pieni poteri, che si erauo fatte nascere le rivoluzioni d’Italia per compensare l’Imperatore, che le città e le provincie venete erano a ciò destinate ; badasse bene il Senato di prendere ogni possibile provvedimento per la difesa della capitale. Tornato il Pesaro a Venezia furono vivamente discusse in Senato le proposte di Bonaparte. Francesco Donà e il cav. Andrea Dolfin replicatamente le combatterono, considerando in esse tuttavia trascurato il principale oggetto, cioè il ricuperamento delle ribellate città, l’oppressione de’ ribelli e il divieto ai Francesi di prender parte sotto forma qualunque nella rivolta. Venendosi poi a parlare in ispecialità del milione mensile, osservava essere siffatta contribuzione incomportabile dall’ erario già tanto rumato, e che non bastava neppure a supplire agli ordinarli pesi, specialmente dopo la perdita delle città d’oltre Mincio ; che non perciò verrebbero sollevati i sudditi dalla prepotenza soldatesca, e peggio avverrebbe quando per una qualche contingenza il pagamento non potesse essere continuato o fosse anche soltanto ritardato. Opponeva il cav. Pesaro dicendo che i propositi tenutigli dal Bonaparte e le proprie osservazioni l’aveano convinto del bisogno estremo che quel generale avea di danaro per proseguire le sue militari