156 ohe il loro desiderio è di democratizzare il governo veneto, ed allora poi, quand’ anche i Francesi nulla volessero degli Stati della Repubblica, un’ altra sciagura cadrebbe addosso ai Veneziani, mentre la casa d’ Austria non potrebbe veder tranquillamente organizzato lo Stato veneto alla forma francese. » Scriveva ancora, come da alcuni di quelli che più avvicinavano il barone di Thugut avea rilevato, « che i Francesi aveano coltivato a Venezia, anche &ol mezzo del loro ministro, un partito per mezzo del quale tentare una rivoluzione, e che i semi di discussione vi erano ; che con tal pretesto forse si voleva preparare il momento opportuno per combinare sollecitamente e senza ostacoli le convenienze di questo sovrano (austriaco) riguardo ai compensi ; che i movimenti e i desiderii di Bonaparte, benché assolutamente non fossero d’accordo con quelli dell’ imperatore, pure potendo far nascere differenti aspetti di cose in Lombardia, inducevano il ministro di Vienna a star a vedere cosa avvenisse per entrare poi come mediatore armato, o per cogliere anche profitto dalla confusione derivante dalle inseparabili agitazioni d’ un cambiamento di governo per piantarsi a suo tempo sulle medesime ragioni che indussero la divisione della Polonia »... Finiva il Grimani consigliando, come modo più acconcio per isventare tanto pericolo, quello di rimaner ferma la Repubblica nei suoi antichi metodi governativi (1). Ma questo era ormai impossibile, e le cose procedevano ben diversamente in Venezia, ove erasi formata una società secreta in casa Ferratini a s. Polo, composta di cittadini di tutte le classi, allo scopo di rovesciare il go- (1) Vedi le due lettere al Senato 29 aprile e 1.° maggio, e l’altj-a pure 1.° maggio agl’inquisitòri nella Raccolta, p. 226 a 232.