193 veneta. Anche là le armi francesi al di fuori, la rivoluzione democratica al di dentro, anche là Faipoult dettare impe-periosamente la legge, come Lallement e Villetard a Venezia ; anche là uno schiammazzare contro gl’ inquisitori, un accagionarli di assassinamenti commessi sui Francesi, un volere la liberazione dei prigionieri per opinioni o fatti politici ; uno straziare e rendere odiosa 1’ aristocrazia. Ohe più ? I Francesi, con improntitudine assai maggiore che a Venezia, andarono tant’ oltre, fino ad istituire un loro tribunale militare, ed a pronunziare sentenza di bando contro Agostino Spinola, onde bene osserva il Botta: « Non era più sovranità dove un tribunale forestiero dan-« nava un cittadino. » E quando il 22 maggio scoppiò la rivolta, il doge ed il Senato si mostrarono timidi, irresoluti e mandarono deputati ad implorare la clemenza di Bo-naparte. Vergogne italiane sono codeste, nè io le ricordo per rinfocolar odii o disprezzi, chè troppi già ne avemmo tra noi, e duramente gli abbiamo espiati, ma perchè in questa agognata unione italiana, diano gl’ Italiani i primi l’esempio agli stranieri di giudicare più rettamente Venezia (1). E questa una giustizia che le si deve, perchè indegnamente calunniata. « Fra tutt’ i patrizii antichi e moderni (scrive il Gioberti non veneziano) niuno o pochissimi furono così legittimi alla loro origine, così moderati nel loro possesso, così umani nei loro costumi, così benefici e gloriosi nelle loro opere, come i veneziani. Niuno, o pochissimi ebbero questo singoiar privilegio di essere più (1) E ciò facea l’illustre Gioberti scrivendo: «Venezia fu gloriosa eziandio in sul morire, poiché spirò sotto le battiture di quel doppio flagello di due tirannidi forestiere insieme congiunte, i cui sanguinosi vestigi sono tuttavia recenti nel lacero corpo della comune patria. » Introduzione alto studio della filosofia. V. I, pag. 343. Vol. X. 25