127 così non ha forza per disarmar le popolazioni, ma verrò io a disarmarle loro malgrado. I nobili delle provincie tenuti per schiavi devono aver parte come gli altri al governo, ma già questo è vecchio, deve cessare. » Non per ciò atterriti, presero i deputati pacatamente a respingere le sue accuse, a ricordargli le passate sue buone disposizioni, non poter darsi a credere che adoperar volesse le sue armi trionfatrici a sovvertimento d’un governo statogli sempre amico. Ma egli, tornando sui Veronesi che si battono coi Francesi, e sul sangue versato, e sulla vendetta da farsi, e sugli ottantamila uomini che avea, pareva indomabile nello sdegno ; quando alfine il discorso placido, ragionato, insinuante del Giustinian riuscì a calmarlo alquanto, sì che assegnò loro nel dopo pranzo una conferenza da soli nel suo gabinetto. Intanto i deputati furono invitati a pranzo, il quale divenne per essi un letto di spine, amareggiato da continue ricerche e derisioni sulla forma e sulle epoche del governo veneto, sulle procedure degl’ Inquisitori di Stato, sui piombi, i molinelli, il Canal Orfano e tante altre menzogne che inventarono o l’un dall’ altro copiarono gli autori francesi con parole di disprezzo e d’ingiuria al governo medesimo. « Possono ben credere VV. EE., scrivevano, che abbiamo risposto come conveniva al carattere illustre, universalmente acclamato e riconosciuto di quel Tribunale, difesa, non mai terrore dei buoni, e amato per ciò spontaneamente dal popolo ». La conferenza del dopo pranzo manifestò • più ancora di quella della mattina essere Bonaparte determinato a non accettare trattative, ed a voler imporre egli la legge per la sovversione della Repubblica. Aggiungeva nuove pretensioni, come di ventidue milioni di capitali di zecca e la consegna degli effetti inglesi in Venezia, senza più